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Un pugno al Parkinson

In Aprile è iniziata una nuova collaborazione con Tiberio Roda e Paola Roncareggi formatori in Italia del metodo Rock Steady Boxing che si propongono di diffondere il metodo aiutando i malati di Parkinson a vivere meglio.



Il Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso, che causa alterazioni del movimento, con conseguente deterioramento della capacità motoria, dell’equilibrio, della parola e, a cascata, di diversi disturbi, tra cui una progressiva difficoltà relazionale che porta facilmente all’isolamento famigliare e sociale.

E’ dunque una patologia che ha un impatto rilevante a livello sociale, e che le stime danno in grande aumento nei prossimi anni: nei 15 paesi più popolati al mondo (i 2/3 della popolazione mondiale) le stime parlano di oltre 4 milioni, con trend agli 8/9 milioni per il 2030. In Italia i malati affetti da questa patologia sono stimati in 600.000, negli Stati Uniti oltre un milione, con incrementi nell’ordine di 60.000 malati ogni anno.


Ed è dagli Stati Uniti che arriva la notizia della Rock Steady Boxing Gym (boxe senza contatto fisico), dedicata alla lotta contro il Parkinson. Vari studi condotti dagli anni 90 hanno indicato che l’esercizio fisico, rigorosamente programmato e controllato, ha un impatto positivo su movimento, postura, flessibilità, migliorando la qualità della vita quotidiana di questi pazienti. Studi recenti della Cleveland Clinic indicano che esercizi del programma RSB possono svolgere una funzione neuroprotettiva in grado di rallentare il progredire della malattia.

La Rock Steady Boxing – RSB è una disciplina fondata nel 2006 da Scott C. Newman, un procuratore legale dell’Indiana, colpito dal morbo all’età di 40 anni: con un intenso allenamento di boxe, Newman riscontrò i notevoli benefici derivanti da questa pratica sportiva. Da qui l’idea di mettere a punto programmi di allenamento adeguati ai diversi livelli della malattia, dalla diagnosi precoce all’attenzione e cura di pazienti affetti da anni dalla malattia.

Pensando alla storia di Muhammad Ali (o Cassius Clay, come conosciuto ai tempi dei suoi successi sportivi) qualcuno potrebbe obiettare che proprio i pugni siano stati la causa dell’insorgere del morbo di Parkinson e, quindi, a dubitare che la boxe possa avere ‘effetti terapeutici’. Ma c’è una grande differenza, importante: nella RSB non c’è alcun contatto fisico, i pugni vanno solo al sacco, al punching ball o ai parapugni dell’allenatore o coach.

Allora perché la boxe può essere una possibile soluzione di supporto ai malati di Parkinson? Di fatto studi e ricerche indicano che l’esercizio fisico ha un impatto positivo nella gestione dei sintomi del Parkinson, soprattutto nell’aiutare la persona a spingere il proprio corpo a reagire, a ‘lottare’ contro i propri limiti e migliorare la propria qualità di vita.



L’esercizio fisico ha come obiettivo l’apprendimento di abilità motorie, la ripetizione controllata di gesti quotidiani, il miglioramento di elasticità e concentrazione, e altri aspetti che possono portare ad una migliore neuroplasticità che aiuti a mantenere le connessioni cerebrali e a crearne di nuove. Le funzionalità oggetto di un training con la boxe sono molteplici, tra cui il coordinamento mano-occhi e gambe-braccia, equilibrio, agilità, maggiore rapidità nei movimenti, tutte caratteristiche di base mutuate dall’allenamento di un pugile.

Parallelamente all’esercizio fisico il programma RSB prevede anche altre attività, funzionali per portare la persona ad aumentare i livelli di autonomia della sua vita quotidiana: come coordinare e riequilibrare l’andatura, affrontare cadute, migliorare

la manualità, diventare multi-tasking, riacquistare fiducia in sé stessi, interagire con gli altri.

Il Parkinson? E’ un avversario contro il quale si può lottare, anche con la boxe, per ridurre, contrastare, rallentare la progressione della patologia.





Al Gravity Art sono iniziati i corsi di boxe senza contatto con malati di Parkinson il giovedì dalle 14.30/15.30 ....non solo pole dance


















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